I nuovi signori delle preferenze

Chi ha vinto le ultime elezioni? I candidati tra i 20 e i 35 anni. I dati mostrano che se possono, gli elettori scelgono i più giovani. Accade soprattutto nelle grandi città in cui il centrosinistra ha ottenuto buoni risultati.

A Torino il più votato del Pd è stato Stefano Gallo, 34 anni, con 2415 voti. Ingegnere informatico, ha giù una legislatura alle spalle. Il primo arrivato di Sel, invece è Michele Curto, 31 anni, 2225 voti, a lungo responsabile di Libera per l’Europa. A Bologna, dietro i big Cevenini e Frascaroli, i primi sono Andrea Colombo, 26 anni, 1306 voti, già consigliere di zona, e Cathy La Torre, 30 anni, 810 voti,  avvocato impegnato soprattutto nella difesa dei diritti degli omosessuali. A Milano nel Pd il primo dei non-archistar è Pierfrancesco Maran, 30 anni, già consigliere comunale, 3530 voti che lo hanno portato più in alto di molti altri esponenti dalla più lunga carriera politica. Nella civica per Pisapia prima è arrivata Anna Scavuzzo, 34 anni, 1044 voti, insegnante nella scuola primaria e scout. Nel mezzo flop del terzo polo l’unica che sorride è la 25enne Sara Giudice, meglio nota come l’anti Minetti, è lei la prima nella lista del Nuovo polo con 1058 preferenze. (Per non parlare poi delle percentuali dei candidati sindaci grillini: Mattia Calise, 20 anni, 3,23 % a Milano e Massimo Bugani, 33 anni, 9,5 a Bologna).

Come si cambia classe dirigente? Votandone una nuova. Usando le preferenze, uno strumento che in Italia si è spesso associato alla politica peggiore. Oggi, invece, quando la legge elettorale non lo impedisce i cittadini se ne servono in modo significativo: votano soprattutto giovani. Tra i consiglieri eletti ci sono gli esordienti e gli esperti; alcuni hanno già una carriera politica avviata, altri vengono dal mondo del volontariato, ad esempio.

Come possono farsi spazio i giovani in politica? Facendosi votare. Prendere molte preferenze in una grande città è una delle cose più difficili del mestiere di politico – a meno di non usare il voto di scambio o di essere omonimi di leader politici nazionali. Richiede un lavoro capillare, bisogna convincere centinaia di persone a scrivere il proprio nome sulla scheda. Servono, ma non bastano, i social network e la bella faccia sui manifesti; è necessario riuscire a ottenere la fiducia di chi vota. Contano poco le rese dei conti interne ai partiti.

(Qualcuno potrebbe avanzare l’obiezione qualunquista: sono giovani ma sono stati cooptati dai vecchi gruppi dirigenti, sono copie in piccolo dei leader attuali. Ammettiamo anche sia così. Rimarrebbe il fatto – credo senza precedenti recenti – che nella peggiore delle ipotesi un elettore preferisce la copia giovane all’originale anziano. Non vuol dire proprio nulla?)


4 commenti on “I nuovi signori delle preferenze”

  1. […] tra i 20 e i 35 anni. Sono preferenziati e scelti dagli elettori più dei navigati politici. Sul blog di Antonio Sgobba troviamo un post che ci regala dati e riflessioni sul tema. Nelle elezioni comunali del 2013 non […]

  2. […] in queste ultime elezioni amministrative che hanno meno di 35 anni come analizza giustamente Antonio Sgobba sul suo […]

  3. sarasx ha detto:

    E se invece si trattasse di una questione di punti di vista? Perchè io questi dati (e non solo questi) li leggo dicendo che le preferenze le prendono gli uomini, che comunque hanno fatto un certo percorso di impegno (politico-associativo) che ha fatto si che si sia creato un gruppo di lavoro che ha costruito attorno a loro del consenso. La politica, nel suo costruire la rappresentanza, con tutte le sue contraddizioni, è una cosa seria. e funziona (ancora) se costruita in maniera collettiva. Dietro a quel collettivo si costruiscono le preferenze, da che mondo è mondo. (E contano molto i conti interni dei partiti invece, saltare nel vagone giusto al momento giusto, etc etc… dire il contrario è un poco semplicistico…)

    • Antonio S. ha detto:

      Sul modo in cui si raccolgono le preferenze sono abbastanza d’accordo con te. Aggiungerei solo un elemento: se in passato un fattore determinante erano le risorse economiche a disposizione del candidato, forse il successo dei giovani mostra che ci sono anche altri modi per ottenerle – dato che i candidati che ho citato non erano sempre quelli con più soldi spesi per la campagna. Mi sembra una novità.

      (Quando dico che «Contano poco le rese dei conti interne ai partiti» mi riferisco al momento del voto; se un elettore scrive il suo nome sulla scheda non si fa influenzare dal fatto che tu sia ex ds, ex margherita, d’alemiano, veltroniano, rottamatore o venusiano. E’ chiaro che invece i partiti contano al momento della formazione delle liste – i modi per ovviare a questo tipo di problema ci sono, ma finora non sono stati abbastanza usati)


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